La storia dell’immigrazione in Francia inizia alla fine del l800, quando Parigi subisce grandi lavori di ristrutturazione e nuove costruzioni su ordine dell’imperatore Napoleone III, il quale nel 1853 incarica il prefetto Georges Haussmann di trasformare Parigi in una città moderna dotata di ampi boulevards e spazi verdi.
Il materiale ideale per tali opere si rivela essere una pietra leggera, resistente, rugosa che si trova in gran quantità nel sottosuolo a 20 km a sud di Parigi. L’estrazione si effettua artigianalmente fin dal 1895: viene estratta a mano poi caricata su carrette trainate da cavalli sino alla Senna per essere poi trasportata su chiatte fino a Parigi.
Dal 1896 l’estrazione di questa pietra diventa industriale al fine di soddisfare le sempre crescenti richieste della Capitale, soprattutto in occasione della costruzione del Metro. Occorre ricordare a questo proposito che la prima linea del metro fu inaugurata in occasione dell’Esposizione Universale del 1900.
A Grigny, in quell’epoca, vengono costruite due linee ferroviarie parallele, a scartamento ridotto, per portare la pietra dal luogo della sua estrazione fino alla Senna. L’ideatore di questo mezzo di trasporto è Piketty (Picchetto, anche lui di origine italiana). Funzionava su di un piano inclinato lungo 500 metri, con una pendenza del 10%, sufficiente a far risalire i vagoncini vuoti, mentre quelli carichi scendevano nell’altro senso.
L’estrazione della pietra richiedeva parecchia mano d’opera, impossibile da reperire in loco, specie dopo la Prima Guerra Mondiale che aveva falciato una generazione di giovani francesi nelle trincee, senza parlare della terribile influenza spagnola che fece quasi altrettante vittime. Il ricorso alla mano d’opera straniera era dunque inevitabile e Piketty inviò nella zona dell’Alto Vicentino (Posina, Arsiero, Laghi, Schio, Valli del Pasubio) alcuni suoi incaricati che assunsero gli operai con contratti a termine rinnovabili, fornendo loro un biglietto di treno di sola andata.
Questi arrivarono dapprima senza le loro famiglie e furono alloggiati in baracche di legno chiamate “cantine”, alcune delle quali sono state trasformate poi in ristoranti tuttora esistenti (Chez Fernand e il Restaurant du Moulin). Attorno a queste cantine la ditta Piketty fece installare anche alcuni vecchi vagoni ferroviari per ospitare qualche famiglia arrivata dall’Italia. Contemporaneamente la stessa ditta fece costruire in zona un piccolo villaggio di case in pietra molare per ospitare le famiglie sempre più numerose che arrivavano dalla nostra zona.
Questo villaggio è stato raso al suolo recentemente ad eccezione di una sola casa rimasta a testimonianza di quel passato. Questa, nelle intenzioni del Comune, diventerà un museo a ricordo di quel periodo.
Ed è in quel contesto che la popolazione di Grigny, che era di 700 abitanti nel 1900, è quasi raddoppiata negli anni tra le due guerre arrivando a 1300 abitanti. Gli italiani erano la metà della popolazione; è l’epoca in cui Grigny veniva chiamata “la petite Italie” e anche “le nouveau Schio” dal nome della zona di maggior provenienza di questi emigrati.
Ora su quel luogo è stato costruito il quartiere residenziale VILLA VENETA che è attraversato da 4 vie RUE DE SCHIO – RUE DES CARRIERS ITALIENS – RUE DE POSINA –RUE MONTE PASUBIO..
Tanti sono ancora oggigiorno i “grignards” dal cognome veneto: Lorenzato, Zolin, Cervo, Lissa, Filippi, Baggio, Marsilio, Fabrello, Mogentale, Dal Molin, Dal Prà, Comparin, Conforto, Costa, Cornolò, Brunello, Leder, Righele, Rader, Beber, ecc, ecc….
Malgrado queste difficili condizioni di lavoro, l’italiano rimaneva un uomo gioviale, al quale piaceva cantare, giocare a bocce e a carte (foraccio e mora) nelle varie cantine oppure alla citté Piketty.
Piano piano l’arrivo delle famiglie, i matrimoni con ragazze locali, le naturalizzazioni, la scuola, migliorarono negli Anni Trenta l’integrazione con la popolazione locale; e oggi i nostri emigrati sono francesi a tutti gli effetti.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il cemento sostituì gradatamente la pietra molare perché meno costoso e più facile da ottenere. Molti di questi nostri lavoratori cambiarono mestiere e andarono a lavorare nelle ditte di costruzioni. I loro figli e i loro nipoti imitarono il modello dei francesi: lo studio e la ricerca di un lavoro, possibilmente a Parigi in qualche ufficio o banca.
Degli italiani che nella citté Piketty si ritrovavano vestiti “da festa” la domenica pomeriggio per cantare con nostalgia le canzoni venete, che ricordavano la Patria lontana, è rimasto solo il ricordo da bambino di qualche anziano.
Era quindi giunto il momento di riallacciare con questa memoria andata quasi perduta. Pertanto ora a Grigny opera l’Association “Amitié Grigny-Schio”. Anche a Schio è sorta, per iniziativa di Annalisa Marsilio che ha vissuto a Grigny, l’Associazione “Amici di Schio-Grigny”, alla quale sono invitati ad associarsi parenti e amici dei nostri emigrati e tutti coloro che vogliono rinsaldare il rapporto nato in questi ultimi anni tra le nostre due comunità e rinverdire un pezzo di storia quasi dimenticata delle nostre città.