ANNA – classe 2^H – 21 febbraio 2011
Scrivi una relazione sul lavoro e la vita dei nostri emigranti a Grigny, in Francia, tra la fine dell‘800 e i primi decenni del ‘900
Giovedì 17 febbraio, al pomeriggio, Annalisa e Daniela, due rappresentanti dell’ ”Associazione Schio-Grigny”, sono venute a spiegarci che cosa lavoravano, in che condizioni vivevano ma anche come passavano le giornate di festa gli Italiani emigrati a Grigny, in Francia, alla fine dell’800 e all’inizio del ‘900.
Ci hanno raccontato le cose facendoci vedere delle diapositive con delle foto o semplicemente con delle cartoline di tanti anni fa.
Ci hanno raccontato che…
…tutto ebbe inizio quando Napoleone III ordinò la ristrutturazione di Parigi ad Haussmann per abbellire la città e farla degna di essere la capitale di Francia. Visto che a quei tempi l’Italia era uno stato economicamente molto povero, molti uomini, soprattutto dalle parti del nord, andarono a lavorare in Francia per portare a casa soldi e riuscire a sfamare la famiglia.
I molti Italiani che sono emigrati in Francia sono andati ad estrarre la pietra molare, di colore giallo-rosso, che serviva per produrre le mole per macinare il grano.
Invece molti altri lavoratori si sono dedicati alla costruzione delle ferrovie e qui abbiamo anche visto delle diapositive della metropolitana e l’immagine delle cave a cielo aperto. I blocchi di pietra venivano caricati su delle carriole e portati a destinazione.
Una volta finito il lavoro di estrazione, il proprietario ricopriva le cave di terra e la rendeva coltivabile.
Il trasporto inizialmente avveniva per mezzo di carriole e di carri trainati da animali da tiro, poi invece per via fluviale.
I lavoratori risiedevano a Grigny vicino al posto di lavoro.
Il signor Piketty era un benestante proprietario di un appezzamento di terreno che lavorò per delle innovazioni per ridurre il lavoro degli operai. In pratica l’industria venne meccanizzata, ma quando pioveva gli operai lavoravano con i piedi nell’acqua. Allora Piketty fece costruire dei pozzi per incanalare l’acqua e gettarla nel fiume Senna.
Già nel 1914 venivano usate le scavatrici per riempire le cave dove era stata già estratta la pietra e portare del terreno per renderlo coltivabile e quindi ricavare una zona agricola.
Il terzo intervento di Piketty riguardò il trasporto. Infatti rese possibile il trasporto su ferrovia dello strato di pietre e sassi che ricoprivano la pietra molare.
I lavoratori si vestivano con pantaloni di velluto, una camicia pesante, inoltre avevano anche una fascia sulla base della schiena perché, quando si piegavano per prendere le pietre, gli faceva male alla schiena quindi questa fascia li sorreggeva e li aiutava ad alleviare il dolore. Inoltre indossavano delle scarpe ruvide e pesanti e anche un elmetto per proteggere la testa.
Costruirono anche un porto per le imbarcazioni e le prime gru che scaricavano le chiatte e andavano a vapore.
Le chiatte erano delle piccole imbarcazioni dove di solito c’era la cabina con due brande, una per il marito e l’altra per la moglie, invece i bambini andavano in dei collegi per essere istruiti.
Nel 1898 gli abitanti di Grigny erano 580, invece dieci anni dopo, nel 1905, erano già 776 e nel 1926 erano 1630, quindi la popolazione di Grigny è raddoppiata e questo aumento demografico è avvenuto grazie al fatto che molti italiani sono emigrati in Francia per lavoro. Infatti molti cognomi italiani adesso ci sono anche in Francia, come Cervo, Dal Molin, Lorenzato, Dal Prà…
Lo stipendio dei lavoratori si basava su quanto lavoravano. Ognuno lavorava per quindici giorni consecutivi e anche delle domeniche.
C’erano incidenti sul lavoro e uno di questi capitò nella trincea. Infatti questa crollò e travolse un lavoratore. Abbiamo anche visto una diapositiva dove in primo piano c’era la prima locomotiva a vapore chiamata anche Plona (o Diana?).
I Francesi a quel tempo vedevano noi Italiani come dei poveracci. Certi facevano arrivare la moglie o la sorella o la cugina per cucinare e si crearono le prime locande che col tempo si sono trasformate in ristoranti.
Le famiglie e i lavoratori venivano sistemati alla meglio in baracche di legno e, siccome non c’erano baracche per tutti, certi si sistemavano in carri per il bestiame. Poi Piketty ordinò che si costruissero le prime residenze, con gli scarti della pietra molare, con un piccolo giardino.
Le case erano costruite su due piani. Al pianoterra c’erano due stanze, la cucina e la camera per la famiglia, invece al piano superiore c’erano altre due stanze e ognuna aveva otto residenti. La moglie faceva da mangiare per tutti e come bagno c’era la latrina esterna. Per lavarsi c’era un mastello dove si metteva l’acqua saponata.
Nel giardino c’era l’orto e si allevavano animali. Oggi purtroppo rimane solo una casa che si spera possa essere trasformata in museo.
Il giorno di paga era un giorno di festa e si mangiava polenta e baccalà e proprio per far festa si portava il vino. Abbiamo anche visto l’immagine di una festa dove si ballava e suonava. Gli Italiani infatti si radunavano la domenica mattina e si giocava a carte dei giochi chiamati “mora” e “foraccio”.
C’era anche la festa del maiale: si sgozzava, si metteva nell’acqua bollente per togliere i peli, si tagliava, si toglievano gli organi interni e si facevano i prosciutti e i salami ed era una grande festa.
Questa presentazione mi è piaciuta molto e mi ha aiutato a capire in che condizioni vivevano gli emigrati italiani nel periodo di crisi.