Agosto 2011
Mostra fotografica a cura dell’associazione l’Orme du Bout et di Mme Elisabeth de Roland e la sua equipe di storia locale di Grigny, con il contributo di Daniel Bechet, figlio di Sidney e di Fabrice Zammarchi, amico intimo dei Bechet. È stata realizzata a Grigny nel 2009 nel cinquantesimo anniversario della scomparsa del grande musicista.
La mostra fotografica riproposta da ASG a Schio, presso lo spazio espositivo del palazzo Toaldi Capra nel 2011, mette in mostra documenti, fotografie d’epoca, testimonianze e rassegna stampa della vita del famoso musicista americano, nato a New Orleans e vissuto per sette anni a Grigny.
Sidney Bechet nasce nel 1897 e rimane fino al 1914 a New Orleans. La mostra inizia proprio qui, a Beauregard Square, la piazza che nel XIX° secolo è luogo di raduno per gli schiavi che al suono di percussioni e ritmi africani eseguono le loro danze tribali. Nel 1843 queste manifestazioni vengono proibite. Il nonno di Sidney, Omar, è l’anima, il capo percussionista di queste cerimonie rituali e il suo tamburo dà il ritmo e la tonalità a tutta l’assemblea. Soltanto lui sa dosare sapientemente i rullii e l’intensità dei suoni in modo da indurre i fratelli neri in stato di trance.
Questa piazza viene considerata l’autentico luogo di nascita del jazz. La narrazione continua attraverso foto storiche della giovinezza di Sidney e dei suoi primi successi in America.
Fu Leonard il fratello, a far scoprire a Sidney il clarinetto. La prima orchestra nella quale suona è la Silver Bell’s Band diretta da suo fratello che suona il trombone.
I grandi del jazz, come Louis Nelson, Lorenzo Tio, lo notano.. Ben presto Sidney affina il suo tocco e il proprio suono. Già nel 1912 è musicista professionista e suona in numerosi teatri e cabaret di New Orleans. Incontra tutti i musicisti dell’epoca come Freddy Keppard.
Nel 1919 Sidney Bechet inizia una serie di tournèes a Chicago, New York e in Europa. Nella sezione dedicata alle tournées europee si possono vedere oltre a Sidney anche altri famosi musicisti e artisti dell’epoca.
La prima tournée in Francia fu nel 1925 con l’orchestra di Claude Hopkins nel cuore della Revue Nègre. Josephine Baker è la stella dello show. Sidney l’accompagna nei suoi balletti e il successo è immediato. Da quel momento incomincia la sua carriera nel music- hall.
Nel 1927 incontra Elisabeth Ziegler che ventiquattro anni dopo sposerà a Juan Les Pins. Vive con lei a Parigi ma sarà costretto a una separazione forzata essendo stato bandito dalla Francia per una lite violenta scoppiata con Mike Mockendrick, un suonatore di banjo. Torna a New York dove gli è stato offerto un posto in un’orchestra.
Nuova sezione dedicata agli anni ’50 che sono quelli del maggior successo artistico di Bechet.
Nel 1949 infatti Charles Delaunay, direttore artistico della giovane società Vogue invita Bechet e Parker al festival internazionale di jazz di Parigi. Sidney ritorna ed è un trionfo. La sua musica piace, incontra la sensibilità dell’epoca. E’ l’inizio della sua brillante carriera europea. Il jazz negli anni ’50 diventa la musica della gioventù. Bechet suona con l’orchestra di Claude Luter, celebre clarinettista, diventa la star del momento alla pari con Maurice Chevalier, Charles Trenet, Edith Piaf… tanto che Vincent Auriol allora presidente della repubblica toglie l’interdizione di soggiorno al musicista. Durante una tournée in Algeria ritrova Elizabeth Ziegler. La coppia decide di istallarsi in Francia a Parigi, tutto sorride loro: il pubblico francese lo reclama.
Claude Luter e la sua orchestra sognano di suonare al Vieux Colombier a St Germain des Près.
Delaunay, il più grande agente parigino di jazz vuole lanciare Sidney Bechet.
Segue ora una serie dedicata agli anni di Grigny e al suo matrimonio a Juan Les Pins.
Già negli anni venti Bechet aveva scovato vicino a Parigi un’oasi verde apprezzata soprattutto dai pescatori, il villaggio di Grigny; l’altopiano della Grande Borne era ricoperto di campi d’orzo e grano, alberi da frutta viti e giardini. La parte bassa di Grigny chiamata “Les sablières” era rinomata per i piccoli laghi poco profondi ricchi di pesci saporiti. Per la famiglia Bechet , Grigny rappresenta gli “anni felici”, il luogo dove hanno sempre sognato di abitare. Diventano così proprietari di una casa in via Pierre Brosselette a Grigny. A Grigny Sidney ritrova anche dei compatrioti: gli ufficiali americani di sede all’aeroporto d’Orly dipendenti del Shape. La Francia era ancora nella NATO.
Questi ufficiali sono alloggiati nel villaggio di “Les Blancs Manteaux” a Grigny costruito apposta per loro secondo i criteri della modernità: riscaldamento centrale individuale, forno elettrico, frigo, bagno con vasca.
Inutile dire che le serate sono vivaci e i risvegli difficili. Ogni giorno Bechet fa avanti indietro dal Vieux Colombier a Grigny dove Elisabeth lo aspetta. E’ la sua oasi di pace per riposarsi dopo un lavoro stressante e faticoso nei club pieni di fumo e nelle tournées. Quegli anni felici a Grigny gli ispirano melodie famose come “As-tu le cafard?” “Petite Fleur” “Si tu vois ma mère” “Les Oignons”
La coppia decide di sposarsi a Grigny ma la casa di produzione Vogue che distribuisce i suoi dischi desidera dare all’evento maggior risonanza e convince i futuri sposi a celebrare le nozze a Juan Les Pins, sulla Costa Azzurra. La casa di produzione coprirà tutte le spese.
Il 17 agosto 1951, nel municipio di Antibes, si celebra il matrimonio. Numerosi i personaggi famosi presenti alla cerimonia, tra i quali Mistinguett che sarà testimone.
Ecco come la rivista Paris Match descrive l’evento :
“Per festeggiare il suo matrimonio il musicista mette in atto un fragoroso carnevale bianco e nero con tutti gli amici del jazz. Crea in quell’occasione il brano Dans les rues d’Antibes”.
Invece di gridare “finalmente soli” all’uscita dal municipio Sidney poté gridare “finalmente tutti!”
Tutti gli amici del jazz infatti seguivano in corteo su ritmi sincopati Era contemporaneamente mondano e barbaro, solenne e be-bop, come si evidenziava con la “Marche des fiançailles” di Wagner, interpretata in varie tonalità da Tomas e i Merry Boys, e dal brano “St James Infirmary” eseguito da Benny Bennet e Claude Luter. Tre chilometri di delirio e carnevale per sfociare al Vieux Colombier di Juan Les Pins dove un regalo sontuoso attendeva i novelli sposi: un sassofono dorato.”
Il matrimonio di Sidney Bechet ebbe un’eco straordinaria nel mondo. Tutti i giornali i rotocalchi, i flash cinematografici gli consacrarono un posto d’onore.
Sidney Bechet, in Francia in particolare, era diventato una personalità di primo piano. Se la gloria aveva lungamente ignorato Sidney Bechet, gli ultimi anni della sua vita si svolsero come una vera e propria epopea senza che successo ed onori riuscissero a intaccare la sua semplicità e bonomia.
È mancato il 14 maggio del 1959 a 62 anni, il giorno del suo compleanno, dopo una lunga malattia interrotta da speranze e ricadute.
Ha registrato più di 400 canzoni con Vogue e tenuto concerti per tre settimane di fila all’Olympia.
In dieci anni è riuscito a segnare la sensibilità della Francia con impronta indelebile.
La mostra si chiude con le parole di Sidney Bechet tratte dalla sua autobiografia “Treat it gentle”:
“Sono un vecchio ora. E tutto ciò che desidero ancora è la musica perché tutta la bellezza del mondo è nella musica. La voce di Omar è dentro, e la voce della giovane donna e il sussurro del vento in Africa e le grida che venivano da Congo Square e il vociare superbo degli schiavi il giorno della liberazione.
I blues e gli spirituals.
I ricordi e le attese e la sofferenza e quegli sguardi verso il cielo quando si aspetta il cadere della notte. Tutto ciò è nella musica”…
…”Quando la musica viene suonata come si deve, spiega tutto. Io stesso vorrei tanto essere capito.
E la musica può fare questo perché la musica è tutta la mia storia, la storia della mia vita.
Ma se sei un musicista, se sei un buon musicista, è sempre la canzone di Omar che canti.
L’ho incontrata da tanti musicisti in tanti luoghi da quando ho lasciato New Orleans, ed era sempre la stessa cosa: se erano ispirati era la canzone di Omar. Non c’è bisogno di ricordarsi di qualcuno in modo specifico. Si tratta di sentire la presenza di qualcuno del passato e di sentire il canto come se venisse da qualche parte… Un musicista esperto potrebbe suonare a New Orleans, a Chicago, a New York; potrebbe suonare a Londra, a Tunisi a Parigi o in Germania.
Questa musica l’ho sentita in tutti questi luoghi ed altri ancora, ma ovunque sia suonata bisogna sentirla lontano nel tempo che comincia ben prima. E’ il tamburo che combatte a Congo Square; è il tamburo che si percuote a Congo Square; è il canto che inizia nelle piantagioni e sale sopra gli alberi. Il buon musicista suona con questo canto dentro di sé e suona dopo che il canto si è innalzato. Cerca di completarlo.
E qualsiasi pezzo suoni è sempre la stessa musica, la grande ispiratrice che ha cominciato laggiù nel sud. È la canzone del ricordo. C’è tanto da ricordare. C’è tanto desiderio e tanta tristezza, c’è tanta attesa perché cessi la tristezza.”
Sidney Bechet “Treat it gentle”
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